Lavoro remoto sì o no?
Il lavoro remoto ha fatto scatenare nel web le tifoserie oltranziste: da una parte gli irriducibili sostenitori del lavoro da casa, soprattutto se questa casa si affaccia sulla spiaggia di Mondello, e dall’altra i tifosi dell’ufficio e delle macchinette aziendali per il caffè.
Non entriamo in questo dibattito, perché gli argomenti da affrontare sono moltissimi: implicazioni familiari, sociali, economiche, aziendali, ambiente, trasporti ed altre mille.
Però vogliamo fare chiarezza su due aspetti, secondo noi basilari e differenzianti:
- quello svolto durante il periodo di blocco non è smart working, ma lavoro remoto
- per essere introdotto in azienda, lo smart working richiede uno studio di fattibilità ed il cambiamento dei processi aziendali in ottica digitale
In più ci si mettono Leggi e Regolamenti, nonché accordi collettivi ed individuali di lavoro.
Con DPCM del 1 marzo erano state stabilite delle deroghe, valide sino alla fine dell’emergenza sanitaria, attualmente prevista – salvo proroghe – per il 31 luglio. Pertanto a far fronte dal 1 agosto sarà necessario un accordo individuale tra azienda e lavoratore, ed una comunicazione al Ministero del Lavoro.
Oltre ad una questione normativa, però, vi sono questioni di organizzazione, strumenti e sicurezza di cui tenere conto:
Possiamo fornire assistenza sia per lo studio dei cambiamenti di processo necessari all’adozione di smart working, sia per l’adozione di strumenti e tecnologie necessarie (siamo in grado di operare in collaborazione con i due maggiori fornitori di TLC e Digital per aziende).
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Blog article by Maurizio Passerini CC BY-NC-SA 4.0
riportiamo sotto alcuni approfondimenti e chiarimenti, pubblicati da Ipsoa e che trovate anche qui
Fonte Ipsoa
Nell’ambito delle misure adottate dal Governo per il contenimento e la gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, il 1° marzo è stato emanato un DPCM che interviene sulle modalità di accesso allo smart working, confermate anche dalle successive disposizioni emanate per far fronte all’emergenza. Quindi, con il DPCM del 26 aprile 2020 è stato raccomandato il massimo utilizzo della modalità di lavoro agile per le attività che possono essere svolte al proprio domicilio o in modalità a distanza. Va precisato che, ai sensi delle predette norme, il datore di lavoro – per tutta la durata del periodo di emergenza sanitaria – può prescindere dalla stipula dell’accordo individuale e dal rispetto delle disposizioni di dettaglio della legge n. 81/17, essendo tenuto al solo rispetto dei “principi” della legge stessa.
Successivamente, il Cura Italia (D. L. n. 18/2020 convertito in legge n. 27/2020) ha disposto che, sino alla fine dello stato di emergenza, i dipendenti disabili o che abbiano nel proprio nucleo familiare un disabile, hanno diritto allo smart working, a condizione che esso sia compatibile con la tipologia di prestazione. Inoltre, ai dipendenti privati con ridotta capacità lavorativa è riconosciuta la priorità nell’accoglimento delle istanze di svolgimento delle prestazioni lavorative in modalità agile. Infine, il decreto Rilancio (D. L. 34/2020 convertito, con modificazioni dalla legge n. 77/2020), ha disposto che i dipendenti privati con almeno un figlio a carico minore di 14 anni, hanno diritto al lavoro agile a condizione che tale modalità sia compatibile con le caratteristiche della prestazione e che nel nucleo familiare non vi sia altro genitore beneficiario di strumenti di sostegno al reddito, nei casi di sospensione o cessazione dell’attività lavorativa o che non vi sia un genitore non lavoratore: sempre fino al termine dell’emergenza epidemiologica.
Alla data odierna, non sono stati emanati provvedimenti che proroghino lo stato di emergenza sanitaria in scadenza il 31 luglio. In assenza di novità, dal 1° agosto lo smart working tornerà ad essere interamente disciplinato dalla legge n. 81/17 che dispone, tra l’altro, l’obbligatorietà di un accordo individuale tra datore e lavoratore e di comunicazioni ad hoc al Ministero del Lavoro.
Il 23 luglio, il Dicastero ha emanato una FAQ in merito alle conseguenti nuove comunicazioni obbligatorie semplificate, secondo la quale l’accordo deve sussistere, ma non essere trasmesso all’Amministrazione in sede di comunicazione obbligatoria.
Normativa
La legge n. 81/2017 detta la definizione normativa del lavoro agile (o smart working), come modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività. La prestazione lavorativa “agile” viene eseguita, in parte all’interno di locali aziendali e in parte all’esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Per l’adozione dello smart working è necessario un accordo scritto tra datore di lavoro e dipendente, i cui contenuti minimi dovranno comprendere:
· Durata della prestazione “agile” (a tempo indeterminato o determinato);
· Preavviso. Il recesso – dalla modalità agile di lavoro (non dal rapporto in sè) – è possibile con un preavviso di almeno 30 giorni (90 per i lavoratori disabili) per gli accordi a tempo indeterminato o in presenza di un giustificato motivo;
· Come e quando. L’accordo deve contenere la disciplina dell’esecuzione della prestazione lavorativa al di fuori dei locali aziendali, con particolare riferimento agli strumenti tecnologici utilizzati e al rispetto del diritto alla disconnessione per il lavoratore;
· Potere di controllo e disciplinare. Devono essere illustrate le modalità di controllo della prestazione lavorativa esterna, nel rispetto dell’articolo 4 dello Statuto dei Lavoratori.
Chiarimenti del Ministero del Lavoro
Il 23 luglio scorso, in prossimità della scadenza dello stato di emergenza sanitaria, dichiarato dal Consiglio dei Ministri sino a tutto il 31 luglio, il Ministero del Lavoro ha diffuso una FAQ, tesa a chiarire le modalità operative per la gestione del lavoro agile, per il caso in cui il Governo non provveda a prorogare il predetto stato di emergenza.
Nella FAQ si rammenta che l’articolo 90 del decreto Rilancio consente ai datori di lavoro privati di applicare lo smart working ad ogni rapporto di lavoro subordinato compatibile anche in assenza degli accordi individuali, “ovvero utilizzando la procedura semplificata attualmente in uso” sino alla fine dello stato di emergenza e, “comunque, non oltre il 31 dicembre 2020”. Pertanto, alla data della FAQ, la procedura “semplificata” è utilizzabile sino al 31 luglio 2020.
Oltre tale data, dovrà essere effettuata la comunicazione prevista dall’articolo 23.1 della L. 81/17, mediante i modelli predisposti dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali
Uno tra i molteplici elementi di innovazione sostanziale, rispetto alla normativa emergenziale, risiede nel ripristino dell’obbligatorietà dell’accordo individuale tra datore di lavoro e dipendente. Tuttavia, anche alla luce dell’incertezza legata al perdurare della pandemia da Covid-19 ed alle conseguenti necessità di semplificazione per il riavvio delle attività economiche, nella comunicazione obbligatoria il datore di lavoro si potrà limitare a dichiarare che “l’Azienda che rappresento è in possesso degli accordi individuali dei lavoratori elencati nel file allegato alla presente comunicazione e si impegna ad esibirli per attività di monitoraggio e vigilanza”.
Quindi, l’accordo resta nella documentazione aziendale, ma il datore di lavoro potrà essere chiamato a renderlo disponibile al Ministero, all’Inail e/o all’Ispettorato Nazionale del Lavoro.
Nuove attivazioni e prosecuzioni
La FAQ chiarisce che la procedura “semplificata” attualmente in uso, ossia quella per la quale l’assegnazione allo smart working avviene per scelta datoriale e senza accordo col lavoratore, sarà in vigore solo fino alla fine dello stato di emergenza (attualmente fissata al 31 luglio 2020) e, comunque, anche in caso di prolungamento dello stesso, non oltre il 31 dicembre 2020, ai sensi dell’art. 90 del decreto Rilancio.
Invece, qualora lo stato di emergenza non fosse prorogato o, comunque, alla data più prossima tra la data di termine della proroga ed il 1° gennaio 2021, sia le nuove attivazioni di prestazioni in smart working, sia le prosecuzioni dello svolgimento della modalità agile oltre il termine dello stato di emergenza (31 luglio 2020 o al termine dell’eventuale proroga) dovranno essere eseguite con le modalità e i termini “ordinari” previsti dagli articoli da 18 a 23 della Legge 22 maggio 2017, n. 81 e, quindi, con la comunicazione obbligatoria da ultimo illustrata che – comunque – potrà intervenire solamente “a valle” della stipula dell’accordo individuale tra il datore di lavoro e ciascuno dei singoli dipendenti interessati.
In conclusione
Quindi, in conclusione, dal momento della cessazione dell’emergenza sanitaria, tutti i datori di lavoro che abbiano attivato modalità di lavoro agile senza previa stipula di accordi individuali dovranno comunque provvedere alla loro stipula, sia con i dipendenti che intendano adibire ex novo allo smart working post emergenza, sia con i dipendenti che continuino lo svolgimento di prestazioni in smart working avviate in assenza di accordo in applicazione della normativa emergenziale.
(fonte ipsoa.it)